Delle volte il vento fa uno
strano giro e genera destini nuovi, in rapido divenire. Un viaggio verso una
terra promessa che non c’è. L’approdo su una spiaggia di fuoco che è avamposto
di un altro domani e gabbia dorata di un’idealità perduta. La nostalgia del
ritorno compressa in mille ricordi sedimentati senza valigia e un Salento
sempre sospeso tra un passato e un futuro troppo lenti. In mezzo due donne
scandalosamente forti e radicate nel loro vissuto ma esposte a un’incertezza
nucleare. Un continuo misurarsi con l’orizzonte di un mare che unisce e divide,
esaspera la percezione, adultera i colori. Delle volte il vento. Lume è una
fervente comunista e seguace di Hoxha, incarcerata per dieci anni dal suo
stesso padre padrone per aver inteso il comunismo come punto di vista critico e
mai ortodosso. Questa donna senza più mondo arriva nel Salento, nel vuoto di
storia e di prospettive esistenziali e culturali dell'altra protagonista,
Carmelina. Arriva con altri albanesi in cerca di povere ricchezze, a caccia di
delusioni. Ma lei non è come gli altri: non è più in Albania ma non vuole
essere nemmeno in Italia. Non è più all'Est ma neppure all'Ovest, forse solo
nel mare, perché nel mare delle volte ci si può illudere di essere da qualche
parte senza essere veramente in nessun luogo. Lume rifiuta quell'Occidente che
è la negazione di tutta la sua vita e si accampa chiusa, difesa, recintata, in
faccia al mare. Senza parlare con nessuno, in una specie di autismo
politico-culturale. L'anomalia di questo comportamento così ostinato e diverso
da quello degli altri profughi affascina Carmelina, che intuisce una richiesta
profonda in quella radicalità. Una radicalità che è anche la sua, la radicalità
di chi non rinuncia a cercare qualcosa tra l'orizzonte e il nostro essere qua.
La tenerezza di un’amicizia fatta di molti ostinati silenzi, quelli di Lume,
arroccata in riva al mare, e di altrettanto ostinate parole, quelle di
Carmelina, per convincere, per smuovere, per salvare.
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