Poche figure di prìncipi, re o imperatori poterono vantare
una così vivida e ricorrente presenza nell'immaginario collettivo quanto
Federico II di Svevia, figlio di Enrico VI e di Costanza d'Altavilla "che
del secondo vento di Soave / generò 'I terzo e l'ultima possanza" (Dante).
Crociato e scomunicato, celebre per la sua sensibilità poetica e per le sue
curiosità "scientifiche" - fu autore di un fondamentale trattato di
falconeria -, re di Sicilia e di Gerusalemme, Sacro Romano Imperatore, lo Svevo
si trovò anche fortemente impegnato in un confronto politico di notevole
portata con il Papato e con i Comuni della Lega lombarda. Questo studio delinea
una panoramica delle sfumature della sacralità del potere che circondarono
questa carismatica personalità: la nascita "divina", il culto solare,
il concetto politico-giuridico-religioso di lesa maestà, le presenze
escatologiche e i rituali degli ingressi trionfali, il mito della regalità
eterna sono qui esaminati in relazione a questa figura centrale del Medioevo europeo.
Prefazione / Introduzione
Nessun sovrano medievale, eccetto forse Carlo Magno, fu
ammantato di sacralità quanto Federico II di Svevia. Certo, egli non ottenne
quella santità tributata post mortem al suo contemporaneo Luigi IX di Francia;
anzi, quando Federico morì, nel 1250, gravava ancora su di lui la scomunica
inflittagli da Gregorio IX nel 1239, scomunica corroborata dalla deposizione
del sovrano svevo sancita da Innocenzo IV al concilio di Lione,nel 1245.
Tuttavia, una considerevole quantità di fonti federiciane, e
primi fra tutti i documenti redatti copiosamente dalla cancelleria del sovrano,
riguarda quell'aspetto sacrale del potere a cui Federico II, innegabilmente,
ricorse per tutta la sua esistenza e che accompagnò la sua figura per tanti
anni ancora dopo la sua morte, investendo così il suo personaggio di un alone
leggendario. Ancora oggi, nella cattedrale di Palermo, ai piedi del sarcofago
in porfido in cui colui che dai suoi contemporanei fu chiamato stupor mundi
riposa accanto alle tombe dei genitori Enrico e Costanza e del nonno materno
Ruggero, fiori sempre freschi testimoniano la continuità del mito di Federico
II.
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