«Sì, è insolito, anche
lo stile, la lingua è insolita, non l'ho capito subito. Comunque mi sembra una
cosa forte, molto» - Nikita Chruscev
Pubblicata nel 1962
sulla rivista «Novyj Mir» e l'anno successivo in volume (100 000 copie
immediatamente esaurite), l'Ivan Denisovic è stata la prima opera a raccontare
la vita nel Gulag, e a farlo dal punto di vista della grande letteratura russa,
nel solco di Tolstoj e Dostoevskij ma usando una prosa ellittica e spigolosa,
piena di espressioni di registro basso. Un capolavoro stilistico messo a fuoco
da questa nuova traduzione, basata sull'edizione definitiva riveduta e corretta
dall'autore. Le precedenti derivavano dalla prima edizione del racconto, frutto
di compromessi tra l'autore e gli apparati di censura. Non meno importanti gli
altri due racconti che Solzenicyn riuscì a pubblicare nella breve finestra
degli anni del disgelo: La casa di Matrëna e Accadde alla stazione di Kocetovka,
che da sempre si accompagnano all'Ivan Denisovic. Le tre opere qui raccolte
rivelano molto del rapporto, complicato, tra i russi e la loro terra. Una
giornata di Ivan Denisovic si occupa della nostalgia per una terra espropriata
nella collettivizzazione e dell'amore per il lavoro dei campi al quale il
protagonista sostituisce il rispetto per una terra circoscritta da filo
spinato, dove, nonostante tutto, mani callose e screpolate dal freddo cercano
di costruire qualcosa di degno, che li riscatti dall'abbrutimento. Accadde alla
stazione di Kocetovka affronta il dramma del patriottismo sovietico declinato
in una toponomastica intesa come assiologia e usata per distinguere i buoni dai
cattivi. La casa di Matrëna sposta invece l'attenzione del lettore sulle campagne:
Solzenicyn abbandona i kolchoz per tornare al villaggio quale luogo deputato
all'ambientazione delle vicende narrate. Da un certo punto di vista, come è
stato detto, si tratta del «ritorno dall'Unione Sovietica alla Russia, dalla
pianificazione del futuro alla nostalgia del passato». - dalla prefazione di
Ornella Discacciati
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