«Nel secolo XI dell'èra
cristiana, la regione compresa tra l'Atlantico, il deserto del Sahara, il golfo
Persico, i fiumi della Russia occidentale e il Circolo polare artico viveva
all'ombra di due grandi imperi, Roma e il califfato di Bagdad, e ospitava due
religioni mondiali, il cristianesimo e l'Islam.»
A mezzo secolo dalla
pubblicazione della classica "Storia delle crociate" di Steven
Runciman, "Le guerre di Dio" di Christopher Tyerman è oggi, per la
meticolosità e l'approccio innovativo, il testo di riferimento sull'argomento.
Non solo in quanto prende in considerazione le acquisizioni più recenti della
ricerca storica, ma anche perché fa i conti con una mutata sensibilità
culturale. L'autore, medievista di Oxford, colloca innanzitutto gli eventi in
una cornice più vasta e realistica, che tiene conto di tutte le forze che
portarono alle crociate: sia quelle politiche e religiose, sia quelle culturali,
economiche, sociali, demografiche. Dalla pressione araba in Spagna, ai
movimenti ereticali in Francia, alle sacche di paganesimo nei paesi baltici:
per la prima volta in maniera tanto esaustiva, le crociate vengono viste come
l'evento globale che furono, un qualcosa che va ben al di là delle campagne
militari in Terrasanta. Una vera e propria visione del mondo, che ha definito
la mentalità europea tra l'anno Mille e la" scoperta" dell'America.
Tyerman porta alla luce l'intreccio di aggressività e paranoia, utopia e miopia
che si materializzò nelle guerre (in Medio Oriente o nel "fronte
interno", contro i movimenti ereticali), raccontando le storie degli
individui che vi presero parte, dai personaggi celebri a quelli che nessuna
cronaca riteneva degni di riportare ma che ugualmente contribuiscono a questo
grandioso, paradossale affresco storico.
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