venerdì 30 settembre 2016
giovedì 29 settembre 2016
mercoledì 28 settembre 2016
martedì 27 settembre 2016
lunedì 26 settembre 2016
La questione indiana da Colombo ai giorni nostri di Massimiliano Galanti (Per Odoya in libreria dal 6 ottobre 2016)
“La situazione che i
popoli indigeni affrontano oggi non è altro che un nuovo requierimento. Si
chiede loro di abbandonare la propria integrità culturale e di cessare di
esistere come popoli autonomi, oppure di sopportare le discriminazioni, i
tormenti e le privazioni che gli sono inflitti proprio perché essi sono popoli
autonomi”. “A Pine Ridge, in Sud Dakota, e nella riserva dei Tohono O’odham, in
Arizona, l’indice di povertà è cinque volte superiore alla media nazionale. Il
tasso di suicidi tra i giovani indiani fra i 15 e i 24 anni è superiore del 200
percento al tasso nazionale per la stessa fascia d’età”. Oggi, trascorsi più di
500 anni dall’inizio della conquista e 125 dall’ultimo grande massacro
d’indiani a Wounded Knee, loro, i Native Americans, sono ancora fra noi e
continuano a rivendicare le terre rubate e la propria dignità di popoli
sovrani.
Una storia che inizia
con Colombo, oggi erroneamente commemorato, e si conclude con gli impegni di
Obama per un avvicinamento politico agli
abitanti delle riserve. Un libro completissimo di mappe e dati statistici, per
storicizzare da un lato e fare il punto della situazione dall'altro, sul
rapporto tra occupanti e occupati, negli USA.
Massimiliano Galanti da
circa trent’anni si occupa di diritti dei popoli indigeni. Dal 1995 è membro
del Comitato direttivo dell’associazione Il Cerchio (Coordinamento nazionale di
sostegno ai nativi americani). In questa veste ha partecipato, a Ginevra, nei
mesi di luglio 2000 e 2001, ai lavori del Working Group on Indigenous
Populations, organismo consultivo delle Nazioni Unite. Partecipa al Comitato 11
Ottobre, che ha promosso una campagna per l’istituzione di una Giornata della
memoria del genocidio dei popoli indigeni e per chiedere al Parlamento italiano
di ratificare la Convenzione 169.
venerdì 23 settembre 2016
Alieni in safari, di Caterina Davinio, prefazione di Fancesco Muzzioli, nota di David W. Seaman, con testo inglese a fronte e fotografie (Robin Edizioni). Intervento di Nunzio Festa
"(...) Nell'attimo
/ sgomento / la fine ovunque, / paziente / e attesa, / spaurì // la ragione /
alle prime armi / rotolò via / come una biglia di vetro / sul sentiero di terra
battuta / di un bimbo, / nel pomeriggio festoso / di un giorno d'estate, / come
le barchette di carta / di Rimbaud. // Allora / decisi di partire." Già da
questi versi, che fanno parte del componimento d'apertura di "Alieni in
safari", capiamo allo stesso tempo l'intento dell'autrice e il suo
linguaggio quindi il suo retroterra; oltre, ovviamente, a percepire come sarà
la sua lingua. Seppur sappiam bene del timbro di Caterina Davinio: dal
"Libro dell'oppio" (2012), per dire, al più recente "Fatti
deprecapibili", del 2015, ma senza scordare, ancora, "Il sofà sui
binari". Per Muzzioli, insomma, Davinio in questa nuova opera - che
raccoglie liriche del 2010 -: pone con forza il problema del rapporto con
l'altro. Perché nonostante l'avanzamento tecnolocigo, "la nostra capacità
di rapporto con l'altro non è affatto migliorata, il turista cerca sola la
conferma di un'immagine già ricevuta, preconfezionata". E come dargli
torto. Oppure in che maniera riuscire a contraddire la stessa poetessa quando
prima di farci leggere i suoi versi ci ricorda che gli alieni siamo noi.
"Che ci guardiamo intorno e il nostro mondo non lo riconosciamo".
Africa, India, Nepal, Sud America. Sono in questo "diario di
viaggio". Testimoniato, inoltre, da foto giustamente prive di colori
stordenti. Pioniera della poesia digitale, la scrittrice foggiana Caterina
Davinio dall'inizio degli anni Novanta ha creato opere di sperimentazione buone
a sposare arti visive con video, internet e anche fotografia digitale. Diverse
volte, tra le altre cose, è stata ospite della Biennale di Venezia. Vedi quando
nel 2009 al Padiglione ha realizzato un'istallazzione virtuale su Second Life.
La poesia civile, per Davinio, è fatta di contenuti omaggiati da una forma viva
nella nostra modernità.
giovedì 22 settembre 2016
mercoledì 21 settembre 2016
Il cuoco dell'Inferno di Andrea Biscaro. In libreria per Meridiano Zero dal 30 settembre
A cavallo tra Quattro e
Cinquecento Ferrara era una città straordinaria, paragonabile alla New York di
oggi per importanza politica, artistica e architettonica. Ludovico Ariosto era
poeta di corte (il suo capolavoro quest’anno festeggia i cinquecento anni), la
bella Lucrezia Borgia nel 1502 sposò in terze nozze Alfonso I D’Este e
l’Addizione Erculea aveva trasformato Ferrara nella città ideale, perfezionando
l’urbanistica con maestria e razionalità. Ne fu responsabile l’allievo di
Brasavola Biagio Rossetti che tra l’altro concepì e fece costruire Palazzo
Diamanti. La più importante corte d’Europa non poteva che richiedere
l’eccellenza in cucina. Se ne occupava lo Scalco di corte: Cristoforo da
Messisbugo, ovvero uno dei protagonisti di questo romanzo e “master chef”
realmente esistito, autore del “cook book” Banchetti, composizioni di vivande
et apparecchio generale costantemente ristampato fino alla fine del Seicento.
Altro punto di forza della città Medievale era l’astrologia,
"scienza" che si teneva in gran conto e a cui si attribuivano
capacità propiziatorie e di preveggenza. Quali personaggi e ambientazione più
accattivanti per un thriller “esoterico” che tiene incollati fino all’ultima
pagina? Così, Andrea Biscaro immagina che all’interno delle note bugne di
Palazzo Diamanti sia stato inserito un grosso diamante, al fine di catalizzare
forze benigne sulla città. Mani malvagie hanno tuttavia spostato la pietra
preziosa, aprendo un varco per…l’Inferno stesso! L’artefice della scoperta di
questo spostamento è un ambiguo frate, fratello dello Scalco e potente
sensitivo. La corte del Duca d’Este (Ercole), che non teme pericoli ben più
concreti, sottovaluta gli avvertimenti e espone la città alla strana
apocalissi. Lo schiudersi delle porte dell’Inferno è un vero capolavoro di
immaginazione: c’è chi, come Ludovico Ariosto, si ritrova in un remoto passato,
in cui la regione era tutta acquitrini e invece che camminare verso Palazzo
Diamanti si perde in una nebbiosa palude insieme a un demoniaco traghettatore,
parente di quello cantato dal suo noto“collega” di Fiesole. Lucrezia Borgia,
invece, si ritrova nel peggiore dei futuri: nella Ferrara in mano ai nazisti,
di fronte ai quali conserva la dignità nobiliare, anche se scossa da
profondissimo terrore. All’architetto Rossetti tocca invece una trappola da
contrappasso: girare in tondo in un labirinto senza uscita, un labirinto
architettonicamente perfetto. E cosa dire dell’aiuto di Messisbugo, il cuoco
Mastro Zafferano, divorato “per colpa del karma” da un cinghiale antropomorfo… La
storia è perfettamente bilanciata tra ricostruzione storica impeccabile ed
esigenze di una trama scattante. Le ricette riportate non solo descrivono bene
l’inventiva culinaria dell’epoca, ma sono anche facilmente riproducibili. A
meno che non si tema, con queste preparazioni, il rischio dello scatenarsi
dell’Inferno…
Andrea Biscaro è scrittore, cantautore e
ghostwriter. Nato a Ferrara, vive all’Isola del Giglio. I suoi libri hanno
avuto prefazioni autorevoli: Alda Merini, Erri De Luca, Eraldo Baldini, Roberto
Piumini, e hanno parlato di lui personalità quali Gianni Mura, Marinella
Venegoni, Sergio Zavoli e Franco Carratori. Ha lavorato per Castelvecchi,
Fabbri, Stampa Alternativa, Coccole&Caccole, Squilibri, Safarà,
Passepartout, Progedit, MilanoNera, LietoColle, Effigi e Neos. Tra le uscite
degli ultimi anni ricordiamo: Illune con prefazione di Eraldo Baldini (Effigi
2011), Nerone. Il fuoco di Roma (Castelvecchi 2011, tascabile Lit 2012, Fabbri
2015), Ballate della notte scura con Tiziano Sclavi (Squilibri 2013).
martedì 20 settembre 2016
lunedì 19 settembre 2016
venerdì 16 settembre 2016
CONFUSIONE - La saga dei Cazalet - Vol. 3 di Elizabeth Jane Howard con la traduzione di Manuela Francescon . In libreria per Fazi
Da oggi in tutte le
librerie trovate il terzo capitolo dell'avvincente saga familiare che sta appassionando
migliaia di lettori. Dopo Gli anni della leggerezza e Il tempo dell'attesa,
Confusione riprende le vicende dei Cazalet dal marzo del 1943, a circa un anno
dal punto in cui si erano interrotte sul finale del secondo volume. Archiviata
ormai da tempo la leggerezza dei primi anni e terminata finalmente anche la
lunga attesa che ne è seguita, assistiamo finalmente all’ingresso nel mondo
delle giovani Cazalet. La fine della guerra, ormai prossima, sta per aprire le
porte a un mondo nuovo, più moderno e libero.
Il libro - È il 1942:
da quando abbiamo salutato i Cazalet per l’ultima volta è trascorso un anno. I
raid aerei e il razionamento del cibo sono sempre all’ordine del giorno, eppure
qualcosa comincia a smuoversi: per le giovani Cazalet la lunga attesa è finita,
e finalmente Louise, Polly e Clary fanno il loro ingresso nel mondo. Quella che
le aspetta è una vita nuova, più moderna e con libertà inedite, soprattutto per
le donne. Le cugine si avviano su strade disparate, tutte sospese tra la
vecchia morale vittoriana del sacrificio e un costume nuovo, più libero, in cui
le donne lavorano e vivono la loro vita amorosa e sessuale senza troppe
complicazioni. Mentre Louise si imbarca in un matrimonio prestigioso ma
claustrofobico, sul quale incombe l’ingombrante presenza della suocera, Polly e
Clary lasciano finalmente le mura di Home Place per trasferirsi a Londra e fare
i loro primi passi nell’agognata età adulta, che si rivela ingarbugliata ma
appagante. Per quanto riguarda il resto del clan, fra nascite, perdite,
matrimoni che vanno in frantumi e relazioni clandestine che si moltiplicano, i
Cazalet vanno avanti a testa alta e labbra serrate, sognando, insieme ai loro
amici e ai loro amanti, la fine della guerra: «il momento in cui sarebbe
iniziata una vita nuova, le famiglie si sarebbero ricongiunte, la democrazia
avrebbe prevalso e le ingiustizie sociali sarebbero state sanate in blocco».
Ormai ci sembra di conoscerli personalmente, e non possiamo che attendere
insieme a loro quel momento. Nel frattempo, godiamoci i colpi di scena di
Confusione, che ci lasceranno senza fiato.
Elizabeth Jane Howard
(Londra, 1923 – Bungay, 2014) Figlia di un ricco mercante di legname e di una
ballerina del balletto russo, ebbe un’infanzia infelice a causa della
depressione della madre e delle molestie subite dal padre. Donna bellissima e
inquieta, ha vissuto al centro della vita culturale londinese della seconda
metà del Novecento e ha avuto una vita privata burrascosa, costellata di una
schiera di amanti e mariti, fra i quali lo scrittore Kingsley Amis. da sempre
amata dal pubblico, solo di recente Howard ha ricevuto il plauso della critica.
Scrittrice prolifica, è autrice di quindici romanzi. La saga dei Cazalet è la
sua opera di maggior successo, con otto milioni di copie vendute. Fazi editore
ha pubblicato il romanzo Il lungo sguardo nel 2014 e i primi due capitoli della
saga: Gli anni della leggerezza, nel 2015, e Il tempo dell’attesa, nel 2016. Di
prossima pubblicazione i successivi due volumi della serie.
giovedì 15 settembre 2016
mercoledì 14 settembre 2016
martedì 13 settembre 2016
Piombo su Milano. Il ritorno di Gabriele Sarfatti (NOVECENTO EDITORE)
IL LIBRO DAL 15
SETTEMNRE 2016 IN LIBRERIA - Nell’inverno
milanese, quando la città della Madonnina s’incarognisce ancora di più, un
killer sta decimando i rom. La sua allucinata missione in un mondo in cui per
lui ci saranno sempre più cattivi che buoni è quella di “truccare un pochino la
bilancia”. Per il cecchino sono tutti zingari da far fuori con un solo colpo
sparato da un fucile di precisione, come sagome al tiro a segno del luna park.
Criminali, imprenditori e politici sono stranamente interessati più che mai
all’“emergenza rom”. Un Natale nero in cui l’imbranato cronista di nera
Gabriele Sarfatti torna a vestire i panni di un improbabile Marlowe per la sua
nuova inchiesta, muovendosi tra la “Presunta Metropoli” fumando, inciampando e
bestemmiando ripensando alla sua amata Genova e al “fottuto odore del mare”.
L’incipit - In inverno, se possibile, Milano
diventa ancora più cinica e bastarda. La foschia ti scende addosso di colpo,
avanzando con bassi fendenti che s’insinuano fra i calanchi di cemento e ne
risalgono lentamente le crepe. È la stagione in cui la gente s’adatta a vivere
nella nebbia come sott’acqua, in una sorta di bolla marina riempita di echi che
nessuno ascolta, dove i pensieri fluidificano e i desideri cattivi sbocciano
per finire a svolazzare sui décolleté di coscienze fragili e devastate dallo
stress, o più facilmente da cazzate lette su Whatsapp che scambiano per fattori
di stress. È la stagione in cui si muore di più, anche: quasi un milanese su
due, dicono le statistiche, taglia lo striscione dell’ultimo chilometro tra novembre
e febbraio, chissà perché. Ci sono i suicidi, certo, coi loro cliché di picco
la notte di Capodanno e la sera di San Valentino, che tirano su la media
generale. Ma ci sono pure i morti ammazzati.
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