Si respira una storia fantastica,
delicata e determinata come può essere quella di un giovane scrittore quale è
Sergio Schiazzano.
Leggere “Melchi. Vi racconto
una storia” è emozionante, è come volare leggeri in un mondo che appare
quello di una favola.
Nella “Piazza dei Lampioni”,
ritorna il giovane ragazzo desideroso di raccontare una storia. In quest'isola
incontra “Melchi” un vecchio che di giorno faceva ridere e divertire i
bambini, di notte terrorizzava gli adulti.
“La gente purtroppo ha la cattiva
abitudine di giudicare dalle apparenze quando queste farebbero pensare al
peggio e di rifiutarle se invece le apparenze ispirano fiducia” e contrariamente
a quello che avrebbe pensato la gente, il ragazzo decide di osservare questo
singolare personaggio di notte appostandosi nella Piazza dei Lampioni ed ogni
notte puntuale come un orologio, Melchi compariva e lui lo seguiva nelle sue
scorribande al chiaro di luna.
Uno stile fluido ed una scrittura
coinvolgente fanno di “Melchi” una storia da leggere e gustare
lentamente, in attesa di saggiare la più bella di tutte le storie, l'unico
racconto capace di procurare l'immortalità a chi sarà così fortunato da
catturarlo.
E sarà così. Il lettore si
lascerà catturare da questo magico racconto.
Sergio Schiazzano, nonostante la
sua giovane età, ha qualcosa da dirci ed è impaziente di farlo, animato
dall'entusiasmo grandiosamente visibile nel romanzo. Entusiasmo e sogno che in
realtà sono due armi vincenti nella vita, necessarie al ragazzo come all'adulto
per cercare di affrontare la propria esistenza in un modo più propositivo senza
aspettarsi nulla, ma con la certezza che
qualcosa di bello arriverà.
L'autore sembra un cinico, un
filosofo cinico che persegue l'ideale della felicità attraverso l'indifferenza
verso i beni esteriori rifiutando ogni convenzione; non si può certo non dire
che al protagonista della storia - il giovane aspirante scrittore - gli importino
le rigide e limitanti convenzionalità.
A ben vedere, si scopre una
storia che proprio il vecchio Melchi sarebbe stato in grado di raccontare.
È bellissimo questo filo sottile
che lega il giovane all'anziano, il loro rapporto di fiducia e complicità, la
necessità di comunicare, di parlarsi e soprattutto di essere ascoltati.
Si percepisce l'ideale, la
necessità di crederci, l'utopia proprio come ne “L'isola che non c'è”
(1904) di James Matthiew Barrie.
Descrizioni dettagliate dei
luoghi e dei personaggi rendono ancor più vivo il racconto: «Nella notte senza
stelle dell'isola, c'era un pezzo di oscurità più buio. Giaceva in un lato
della Piazza, proprio sopra il bordo della banchina, e il chiarore rosato dei
lampioni tutt'intorno non riusciva ad intaccarlo, anzi si ritirava, come
intimidito». (p. 146).
C'è animo in “Melchi” e il
disperato bisogno di sognare. Il “sogno” è l'emblema del racconto, il padrone
assoluto - forse il “quid” di Sergio Schiazzano, così quando si legge:
«Sposai Daniela in primavera, ed averla accanto era come smarrirsi in un sogno
popolato, pirati e lampioni: delle volte dubitavo perfino di essere sveglio, e
dovevo darmi un pizzicotto per esserne sicuro». (p. 251).
Un plauso al giovane scrittore e
un grazie per aver regalato un sogno, scrivendo “Melchi. Vi racconto una
storia”.
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