giovedì 30 giugno 2016
martedì 28 giugno 2016
lunedì 27 giugno 2016
Sul boxer del nonno verso la Poesia a cura di Alessandra Peluso (iQdB Edizioni di Stefano Donno) ad Alliste (Le)
Il Comune di Alliste,
la Biblioteca comunale e l’Ufficio Piazza di Alliste, in collaborazione con
Giovanni Venneri Mastro pasticcere, Cafe dei Napoli, ospitano il vademecum sul
viaggio poetico salentino a cura di Alessandra Peluso “Sul Boxer del nonno verso
la Poesia” (iQdB/Salento d’esportazione di Stefano Donno) che sarà presentato
dai giovani collaboratori del Servizio Nazionale Civile della Biblioteca
comunale. Serata allietata dalla musica di Walter Santoro e da un ricco
bouquet. Mercoledì 29 giugno 2016, ore
20.30, presso il cortile del B&b Antica Terra, piazza Municipio, 14 Alliste
(Lecce). Un “vademecum” per passeggiare tra versi e pensieri. Non conosce
stagioni la poesia né tempo, “comincia nel punto in cui le parole che di solito
pronunciamo si rivelano banali o comunque inadeguate, quando non riescono ad
esprimere il nostro rapporto con gli esseri e le cose, con le esperienze che
attraversano la vita, con le esistenze con cui ci confrontiamo, di cui abbiamo
bisogno di stringere il senso, di comprendere la trama, di svelare
l’intreccio”. In questo “prezioso libello” gli incontri di Alessandra Peluso
con Antonio Errico, Carlo Stasi, Eliana Forcignanò, Elio Coriano, Enrico
Romano, Francesco Aprile, Francesco Pasca, Gianluca Conte, Giuseppe Greco, Lara
Carrozzo, Marco Vetrugno, Marcello Buttazzo, Maria Pia Romano, Maurizio Leo,
Anastasia Leo, Mauro Ragosta, Pierluigi Mele, Stefano Donno, Vito Adamo, Vito
Antonio Conte, Walter Vergallo e Lorenzo Martina. “L'Entusiasmo e la Passione
sono le prerogative necessarie affinché ogni idea, o sogno si possa realizzare,
e così è stato con “Sul boxer del nonno verso la poesia”: amo la poesia, questa
terra, e desidero offrire innanzitutto una cartina tornasole a chiunque voglia
avvicinarsi al testo. Vorrei che i poeti di oggi siano ricordati e soprattutto,
si conoscano le loro origini; vorrei..., non solo, il desiderio anche di
rendere chiara l'atmosfera che si respira nel Salento, e poi, un sogno verriano, creare rete tra di
noi salentini ed esportare la nostra poesia al nord, senza presunzioni o
pregiudizi di genere, solo per quell'unico grande amore che unisce ed è la
POESIA.” (Alessandra Peluso)
iQdB edizioni di
Stefano Donno / Sede Legale e Redazione: Via S. Simone 74 / 73107 Sannicola
(LE) / Mail - iquadernidelbardoed@libero.it
Redazione - Mauro
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sabato 25 giugno 2016
Le poesie di Pietro Berra a Taranto da Cibo per la Mente il 28 giugno 2016
I versi del giornalista
e poeta lombardo Pietro Berra con il suo nuovo lavoro “Ode al Vento” edito da
iQdB Edizioni di Stefano Donno, viaggiano ora a Taranto approdando il 28 giugno
2016 ore 20,00 al Caffè letterario Cibo per la mente in via duomo n. 237 e sarà
presentato da Lino De Guido, l’editore Stefano Donno e verranno letti alcuni
brani dall’attore Luigi Pignatelli. La raccolta di poesie - con testo a fronte
in spagnolo a cura del poeta cileno Mario Castro e di Mirna Ortiz Lopez - è un
viaggio sentimentale, letterario e metaforico tra due paesi, Italia e Cile,
lontani geograficamente, ma sorprendentemente vicini dal punto di vista umano.
Una ricerca di luoghi dell’anima, seguendo l’ispirazione dell’amore, dei
paesaggi, della poesia (di Pedro Salinas e Pablo Neruda, in particolare) e
degli emigranti del secolo scorso.
Classe 1975, Pietro
Berra vive a Como ed è giornalista, scrittore, poeta e promotore di rassegne
letterarie e cinematografiche; è alla sua diciannovesima pubblicazione in
volume, la sesta in versi. Il libro è
inserito nella collana di poesia di iQdB che punta a recuperare il valore umano
e sociale della parola poetica, vivendo nel rapporto diretto tra l’autore e il
suo pubblico, fatto di incontri, più che di semplici presentazioni, anche a
domicilio. E da una serie di incontri è nato questo libro: in primis quello tra
Pietro Berra e Mirna Ortiz Lopez, che “Da opposti cieli guardavano / la stessa
luna di novembre. // Lui dalla terrazza sospesa / tra il castello del
Barbarossa / e le cime dei noci. / Lei sopra l’insegna del centro /commerciale
di Ñuñoa” e poi con il poeta cileno (che vive tra la Svezia e la Romania) Mario
Castro Navarrete, curatore della traduzione dei testi in castigliano con la
collaborazione della Ortiz Lopez. Anfitrione di questi incontri il grande poeta
spagnolo della generazione del ’27 Pedro Salinas (Mirna gli ha dedicato un
gruppo su Facebook, che è stato luogo di conoscenza prima di quelli materiali)
cui è dedicata l’epigrafe che apre il volumetto (“I cieli sono uguali /
guardarli ci avvicina”).
Le poesie sono tutte
inedite, tranne una: la già citata “Luna di novembre”, che lo sorso settembre
fu lanciata su piazza Duomo a Milano, assieme ai testi di altri autori cileni e
italiani, in uno dei “Bombardeos de poemas” che il collettivo Los Casagrande
sta organizzando da quindici anni nelle città che subirono ben altri
bombardamenti durante le guerre. In quell’occasione si realizzò il finale, in
qualche modo profetico, della poesia: “La notte che taglieranno il cielo / con
un aereo per abbracciarsi / dall’altro lato del sipario / alzate la testa ai
sogni: / sul mondo pioveranno bombe / di poesia”. Così come sono diventati materia
e storia i versi della poesia che dà il titolo al libro, simbolicamente
riportati sul risvolto di copertina: “Vento il mio cuore a forma di foglia /
fallo volare fino alla casa / di Neruda, fa’ che si posi sul mosaico / del
pavimento accanto ai miei piedi”. Un libro che è testimonianza della forza
vitale della parola poetica e invito a seguirla con l’anima e anche con il
corpo."
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Stefano Donno / Sede Legale e Redazione: Via S. Simone 74 / 73107 Sannicola
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lunedì 20 giugno 2016
sabato 18 giugno 2016
venerdì 17 giugno 2016
Esce per iQdB Edizioni di Stefano Donno “Lucania senza santi – narrativa e poesia dalla Basilicata” di Nunzio Festa
“Prima di cominciare
veramente. Siamo Scotellaro e siamo Gaetano Cappelli. Perché questo saggio
sulla letteratura d’autrici e autori almeno nati in terra di Basilicata, nella
Terra dei boschi (o era dei lupi?), o cresciuti sempre qui, deve iniziare da
questa constatazione minima essenziale, quasi dovuta. Ma con la precisazione
utile che contenuti, tematiche, ispirazione e creazioni finali abbiam capito
esser completamente slegate dal legame con una certa religiosità, soprattutto
con le professioni di fede come al contrario si potrebbe invece immaginare. Specie
in lande, dobbiamo aggiungere, spuntate e rinate da quel che resta della
tradizione del mondo contadino e insomma della “cultura” contadina - in buona
sostanza quelle origini buone a dar debito a devozioni sicure per Santi Madonne
e Dio. Il Novecento, infatti, ha lasciato alla Lucania d’oggi un fascio di
nervi in forma d’inchiostro che parla certo dell’eredità dei dimenticati ai
margini delle lettere nazionali, Rocco Scotellaro su tutti appunto, della
bellezza moderna e imperdibile e sempre in divenire di Cappelli, come infine di
più “giovani” - anagraficamente, certo ancora - penne almeno nate o che un po’
hanno vissuto come ritrovato l’anfratto del Meridione detto Basilicata. Dove
però i gusti personali provano a intrecciare necessarie segnalazioni di storia
letteraria, ovvero momenti vitali d’autrici e autori che sono l’universo
letterario lucano. E con il sostegno di consigli e aiuti che ho cercato da
diverse penne amiche - tra l’altro parte del discorso complessivo: ovvio! : ho
voluto un dialogo-scambio con lo stesso Gaetano Cappelli. Come con Mariolina
Venezia. Poi ho fatto ricorso, approfittando ovvero d’amicizia e fratellanza in
temi e interessi, ad altri attenti lettori, tipo Andrea Di Consoli e vedi il
meticoloso Giuseppe Lupo. L’ultimo grazie infine ad Angela, soprattutto per
l’aiuto sul titolo. Per quanto sarà possibile, partendo dalla narrativa saranno
associate, dunque, immagini state e che saranno domani ma a un titubante
presente che dice di quel che era e che alla fine vedremo per gli anni almeno
prossimi se i nostri strumenti, diciamo, ci sosterranno e se saranno adatti a
raggiunger tale scopo. In virtù della nota quanto notoria curiosità di Stefano
Donno, quindi, i miei gusti personali più i mezzi a disposizione cercheranno di
trovare affinità e far sinergia con l’obbligo della ricerca finalizzata alla
divulgazione, in un certo senso, di materiali, anzi materia che dovremmo
portarci nel Grande Viaggio mentale e sensoriale insomma sentimentale di certo
chiamati normalmente a compiere. La migliore narrativa sarà Raffaele Nigro,
Gaetano Cappelli, Giancarlo Tramutoli, Giuseppe Lupo, Andrea Di Consoli, Rocco
Brindisi, Mariolina Venezia, Claudia Durastanti, Pasquale Festa Campanile,
Mimmo Sammartino, Francesco Sciannarella, Gina Labriola, Tommaso Claps,
Francesca Barra. In ordine sparso. La migliore poesia sarà Alfonso Guida, Mario
Trufelli, Beppe Salvia, Assunta Finiguerra, Leonardo Sinisgalli, Rocco
Scotellaro, Vito Riviello, Franco Cosentino, Roberto Linzalone, Michele
Parrella, Giulio Stolfi, Albino Pierro, Giandomenico Giagni, Giovanni Di Lena,
Osvaldo Tagliavini, Nicola Sole. “ L’autore
Nunzio Festa è nato a
Matera, nel1981, lavora fra Matera e il suo paese natale, Pomarico dove vive.
Poeta, narratore, critico, collaboratore giornalistico; lavora nel campo
dell’editoria, prevalentemente come editor per la materana Altrimedia Edizioni
– della quale è anche co-direttore editoriale e direttore di alcune collane, e
come consulente editoriale
iQdB edizioni di
Stefano Donno (i Quaderni del Bardo
Edizioni di Stefano Donno)
Sede Legale e
Redazione: Via S. Simone 74 - 73107 Sannicola (LE)
Redazione - Mauro
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giovedì 16 giugno 2016
“L’OSCENO DEL VILLAGGIO” DI PAOLO VINCENTI
Questa volta il libro
“L’osceno del villaggio” di Paolo Vincenti fa tappa a Squinzano. Il volume sarà
presentato, sabato 18 giugno 2016 alle ore 19.30, nella splendida cornice del
Palazzo De Castro, a cura dell’Associazione cittadina “Al centro”. Presenta il libro, l’avvocato Claudio
Casalini. Introduce, il referente dell’associazione “Al centro”, Gianni Marra.
Intervento della redattrice del periodico locale “Totem”, Erica Fiore. Gli
interventi musicali sono affidati al giovane cantante Antonio Cotardo. L’antologia,
composta da 53 articoli, apparsi su alcune riviste salentine dal novembre 2014
al febbraio 2016, raccoglie più di un anno di riflessioni “oscene” legate al
villaggio globale, al mondo. Il nostro Osceno esplora i comportamenti
stereotipati, le contraddizioni ed il basso profilo culturale che
caratterizzano la società globale, sorridendone pur sentendosi parte di essa. Prefazione
di Melanton
Buon viaggio nel
villaggio. C’è sicuramente un mio piccolo ‘alter ego’, riconoscibile e forse
neanche così piccolo, in Paolo Vincenti, scrittore ottimo, e congiuntamente
poeta, per quel suo modo lieve e forte, e spesso anche lirico, d’osservare e
raccontare il mondo e la vita: con cortesia e armonia, con acutezza, ma anche
con ironico e sapido senso del gioco. Così come ho già fatto anch’io, e faccio
ancora, forse più con la matita che con la penna, ma il concetto, infine, non
cambia di molto. Spero, e ne sono anzi certo, che l’accostamento gli sia
gradito. D’altronde, l’avermi invitato a leggere/scrivere di lui lo comprova. Più
leggo Paolo, più egli evoca le mie mai perdute giovinezze e curiosità, con
varie analoghe sperimentazioni letterarie di ieri come di oggi, sempre foriere
di scoperte, conoscenze, sorrisi, conquiste e coscienza critica, proponendole
intanto senza speciose accademie, per congenito e schietto piacere personale, e
sempre congiunte al sanguigno desiderio di condividerle serenamente con il
lettore, come in un incontro di festa. Rabdomante di parole sorgive – quelle
che servono per umettare appena la mente e il cuore, lasciando a chi legge ogni
libero variabile completamento con le proprie modulazioni sentimentali – è
Paolo Vincenti. Egli ha il pregio non comune di attrarre alla sua scrittura e
alle sue folgoranti ispirazioni, chiunque vi si accosti, per volere o per caso,
producendo un’istintuale commistione di emotività, curiosità e sapere, e
rilasciando infine, tramite l’incanto delle parole, un senso quasi tattile di
arricchimento e rigenerazione. Una dovizia offerta a piene mani, generosa e
sincera. «La sperimentazione continua, forse un’ansia sempre insoddisfatta» –
rivela Paolo – «mi portano a scrivere testi molto diversi fra loro, e rendono
difficile riunire materiali eterogenei in una raccolta che abbia caratteri di
organicità, unicità, completezza». Mi permetto di dissentire. Proprio nella
diversità ed eterogeneità io trovo, invece, una sorta di affascinante (e assai
colto) fil rouge, che lega solidamente quei preziosi e pur dissimili appunti,
osservazioni, riflessioni, arguzie o note di costume, elevandoli da misurati
‘frammenti’ a corposi ‘sentimenti’ di vita, in un’organica ed elevatissima
testimonianza esistenziale-umanistica. Lo registra ampiamente questo libro
perfetto (dal pregnante e caustico titolo L’osceno del villaggio), che a buon
diritto si pone accanto alle opere migliori di altri autorevoli saggisti,
scrittori e maestri di letteratura o di giornalismo moderno. In più c’è la
musica. È l’altro fil rouge che collega e perfeziona le variegate proposizioni
di Paolo Vincenti, sempre o quasi introdotte dai versi di un cantautore dei
suoi preferiti (Dalla, Vasco Rossi, Paolo Conte, Venditti, Vecchioni,
Jovanotti, Bennato...). Non un semplice vezzo, bensì una motivazione aggiuntiva
– quando non perfino ispiratrice – per meglio e più consistentemente avviare e
sviluppare le proprie tematiche, tanto da considerarla «...una compagna di
viaggio preziosa per me da una vita, al pari della letteratura». Ben oltre i
contesti specifici (in qualcuno entreremo a curiosare volentieri più avanti),
emerge decisa, e quasi prepotente, la sensibilità di Vincenti per fatti di
cronaca non effimeri né banali; o per storie di vita agra che rilasciano tracce
di amara dolcezza; ma anche per eventi che sommuovono la coscienza e
partecipazione civile, in un’analisi energicamente espressa e utilmente
partecipata, trasfondendo i propri umori, sentimenti, rabbie, speranze o
ragioni al proprio lettore: il quale, come nel classico concetto espresso da
Indro Montanelli, è per chi scrive il vero compagno e giudice ultimo.
Pur nella
consapevolezza del proprio valore, fa altresì onore a Paolo Vincenti la sua
umiltà di fondo. Confida: «Anche se a volte affronto temi di drammatica
attualità, lo faccio con il sorriso sulla bocca, con la leggerezza di chi non
si prende mai sul serio. Io intendo la letteratura come intrattenimento e
divagazione... E sempre, anche quando affronto temi particolarmente importanti,
mi ritengo un disimpegnato. Il mio approccio ai fatti di cronaca e di politica,
ai mezzi di comunicazione, all’invasione tecnologica, alla barbarie linguistica
e alla deriva di questi nostri tempi, non è quello dell’accademico che non
sono, certamente non è quello del sociologo o del filosofo, ma semmai quello
del letterato...». Si può credere a tale confessione d’innocenza? Certamente,
sì. Senza riserva alcuna. Se le modalità espressive di Paolo Vincenti sono fra
le più moderne ed esemplari di una letteratura d’avanguardia, priva di orpelli
formali e densa invece di contenuti e sollecitazioni (utili e fors’anche
indispensabili a ‘sentire’ il mondo pulsante intorno a noi, in rapida e spesso
non convincente evoluzione), l’essere intimo di questo scrittore giovane e
antico è – molto naturalmente – uno scrigno esuberante di sentimenti da condividere
in purezza e semplicità. Come quando si tira tardi con gli amici ad aspettare
l’alba, parlando liberamente di tutto e di nulla, sentendosi infine più solidi
e fortificati. E, soprattutto, più uomini. Forse oggi non ce la farei – come in
passato ho fatto più di mille volte – a riempire la notte di parole e di
pensieri, con un amico o con cento, nelle piane di maggese o di tabacco di
Torrepinta o sulle scogliere delle Quattro Colonne di fronte al mare e al faro
di Gallipoli o a Bordighera e a Tolentino (e in vari luoghi extra moenia, ma
non estranei), o infine da moccioso nelle piane metapontine di San Basilio a
Pisticci, con mio padre, esule per lavoro, che m’insegnava a riconoscere fra
milioni di stelle il Grande Carro, l’Orsa Maggiore.Un nulla, allora, ci
divideva dal cielo. Ed è lo stesso pensiero che mi sovviene ora, pensando
proprio a quello che scrive Paolo Vincenti, e a come lo scrive. Con lui, e
radunando altri eletti, riproverei probabilmente a fare ancora mattino, andando
e riandando, in nessun dove e dovunque. Certo, il Salento può stargli adesso
troppo stretto. Adesso, dico, perché immagino che il suo furore letterario e
quell’ansia sempre insoddisfatta di cui si diceva all’inizio lo pressino ora da
molto vicino, lusingandolo a cogliere nuovi orizzonti. «Oltremare è l’anelito,
il desiderio per rotte che nessun comandante ha tracciato, per traguardi che
nessun equipaggio sa indicare o soltanto immaginare», scrive Paolo ai Salentini,
e comunque a se stesso. Quien sabe? C’è probabilmente un Ulisse in ognuno di
noi. Anche questo anelito verso
l’avventura e l’inconoscibile è un altro segno del mio ‘alter ego’ in Paolo. Ma
non avrei consigli da dare. Ognuno è se stesso. Una è la scelta. Quello che
sicuramente posso offrire, a lui come ai suoi fedeli e sempre ammirati lettori
di cui mi sento parte, sono alcune mie illustrazioni e vignette (alcune, credo,
molto conosciute, altre del tutto inedite e specificamente realizzate per
questo libro), con il serio proposito – mi auguro confortato dal gradimento di
chi legge – di offrire un ironico, e a suo modo anche filosofico, complemento
di divagazione. Buon viaggio nel villaggio, cari amici. (Melanton.)
Appuntamento sabato 18
giugno 2016 a Squinzano, per una serata all’insegna della satira e della
riflessione.
mercoledì 15 giugno 2016
martedì 14 giugno 2016
Storie di fantasmi di Lord Halifax (In libreria per Odoya dal 30 giugno 2016)
Vero e proprio Linneo
delle storie di sovrannaturale, il Visconte di Alifax – noto uomo di chiesa
artefice delle storiche Conversazioni di Malines − raccoglie in questo volume
tutte le migliori storie di fantasmi della Gran Bretagna. Rintracciate su
manoscritti, lettere e pubblicazioni dell’epoca o stilate dopo lunghe
interviste agli spettatori delle varie apparizioni, le storie di fantasmi qui
raccontate sono affascinanti e appassionanti come un Penny Dreadful,
inquietanti come uno spettacolo del Grand Guignol e evocative come antiche
leggende.
Gli astanti spesso
giurano su Dio che quel che han percepito sia vero e l’autore (studioso di
sovrannaturale riconosciuto internazionalmente) segnala l’unica storia frutto
della sua fantasia (La storia macabra del colonnello P). Urla inspiegabili,
apparizioni notturne e gatti vampiro sono tra i protagonisti delle storie di
Lord Halifax. Ma soprattutto gli antichi manieri – illustrati nell’ampio
corredo iconografico – costituiscono il fulcro mitopoietico del volume. Inverary
(nome ripreso non a caso nelle storie di Dylan Dog), il castello di Glaims,
dimora del conte di Strathmore (Scozia) o la magnifica Tintern Abbey in Galles,
ambientazioni sontuose per storie degne dei più fantasiosi horror vittoriani. Un
libro per tutti: per gli scettici e per quelli che vogliono farsi rapire dalla
magia del sovrannaturale.
Charles Lindley Wood,
II Visconte Halifax (1839-1934), è stato un esponente di spicco
dell’anglocattolicesimo inglese, presidente della Chiesa inglese dell’Unione
che desiderava un nuovo legame con la Chiesa di Roma. Grazie alla sua opera
iniziò un dialogo tra la Chiesa anglicana e quella cattolica, sfociato nelle
storiche Conversazioni di Malines. Celebri sono i suoi studi sul soprannaturale
e le sue raccolte di storie incredibili, che si prodigò a raccogliere e
trascrivere da manoscritti, riviste e racconti di amici.
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